SUL LASCIAR ANDARE O DELL’IMPERMANENZA

Di ELISA BARBIERI


La mentalità che abbiamo appreso durante gli studi è prevalentemente quella analitica, da analisi, la cui etimologia significa scioglimento, scomposizione.  L’analisi è un metodo di studio che consiste nella scomposizione di un uno nei suoi elementi costitutivi. Per quanto utile sia questo approccio, esso non è l’unico possibile. Un altro approccio rispetto a quello analitico è quello della sintesi, che significa mettere insieme, comporre. Proprio per onore della sintesi, dovremmo imparare a dosare correttamente approccio analitico e approccio sintetico, imparare in quali situazioni ci è utile uno o l’altro. Invece, propendiamo quasi sempre all’utilizzo del primo a discapito del secondo.

La meditazione mindfulness è uno dei modi in cui possiamo riapprendere la sintesi, perché la pratica ci insegna a vedere legami, connessioni e, soprattutto, a prendere consapevolezza di pattern di comportamento automatici, che attiviamo nei confronti di situazioni molto diverse tra loro.

Prendiamo il tema di questo articolo, ad esempio, il lasciar andare.

Utilizzando il pensiero analitico, iniziamo a prendere in considerazione tutte le diverse sfaccettature del lasciar andare e tutte le svariate situazioni nelle quali dovremmo integrare una migliore padronanza del lasciar andare.

Lasciar andare è importante nel conflitto, quando non riusciamo ad emergere da uno scontro prolungato nel tempo che continua a farci soffrire.

Lasciar andare è importante nei confronti del dolore fisico e mentale: costruiamo identità legate indissolubilmente alla malattia, alle quali ci aggrappiamo fino a far sì che la malattia ci definisca in quanto, appunto, ‘malati’.

Lasciar andare è importante quando siamo persone altamente sensibili, con un vissuto emotivo intenso che ci spaventa, portandoci a reprimere emozioni a causa di un passato emozionale che continua a condizionarci.

Lasciar andare è importante nell’invecchiamento, quando il corpo cambia, si indebolisce, e noi continuiamo ad avere aspettative di prontezza, efficienza, freschezza e altre caratteristiche proprie della giovinezza verso un essere – noi stessi – che non è più giovane.

Lasciar andare è importante quando la mente è iperattiva e noi la veneriamo come un oracolo, continuando a dare retta ai pensieri che produce incessantemente, anche quando questi stessi pensieri sono fonte di tensione e ansia.

Lasciar andare è importante quando una relazione finisce, di qualunque tipo essa sia: sentimentale, amicale, lavorativa. Occorre lasciare andare la persona alla quale non siamo più legati in modo così stretto e quotidiano come prima.

Lasciar andare è indispensabile quando la vita stessa ci mette a confronto con l’inevitabile congedo, ovvero nel fine vita, quando i morenti hanno bisogno di sentire che i propri cari danno loro il permesso di andarsene, di ‘lasciarsi andare’, appunto.

Lasciar andare è indispensabile dopo la morte di una persona amata, quando talvolta la presenza dell’assenza continua a riempire in modo esclusivo la vita di chi rimane.

La meditazione è un allenamento al lasciar andare tout court.

Meditando impariamo a mettere in pratica il lasciar andare, che porterà beneficio in qualsiasi area della nostra vita nella quale è importante lasciar andare.

Nella meditazione abbiamo a disposizione una palestra molto ben attrezzata: il nostro respiro, la nostra mente, il nostro corpo, il nostro cuore. Meditando impariamo a riconoscere i nostri attaccamenti. Portando la consapevolezza nel corpo, ad esempio, potremmo accorgerci che una zona dolorosa reclama costantemente la nostra attenzione, che non può distogliersi da quella zona. Oppure potremmo accorgerci che la nostra mente torna a ripensare allo stesso conflitto che ci affligge da molto tempo.   

Nella meditazione il focalizzarsi sull’oggetto di concentrazione, qualunque esso sia (corpo, respiro, immagine o altro) ci insegna a lasciar andare. Ogni volta in cui ci accorgiamo di esserci attaccati a un fenomeno mentale o fisico, ne prendiamo consapevolezza. Questo è il primo passo. Il secondo passo è quello del lasciar andare il fenomeno, per tornare a focalizzarci sull’oggetto di concentrazione.

Questo esercizio è semplice ma faticoso, perché i nostri attaccamenti sono molto profondi e radicati. Gli attaccamenti, però, sono anche la radice della sofferenza, per cui imparare a lasciar andare è una potente medicina.

L'attaccamento, che è l'opposto del lasciare, rappresenta un’aberrazione della dinamica creativa della liberà della vita.

Qualsiasi tipo di attaccamento per sua stessa definizione non fa che interrompere il processo di crescita e quindi di trasformazione della vita..

Imparando a lasciar andare ci sentiremo più leggeri, avremo l’impressione di dimenticare, di allontanare. Ciò che ci sembrava enorme e insormontabile, diventa qualcosa di sfocato, sullo sfondo, che non ci riguarda più in modo così diretto e impattante.

E qui possono emergere sensi di colpa e paure che qualcun altro venga a prendere controllo della nostra vita…saremo pronti per affrontare allora altri temi, come la compassione per sé e la fiducia. 

Si tratta di un processo lungo e graduale, che richiede costanza e impegno.

Ma, altresì, è qualcosa di semplice. La nostra palestra è sempre a disposizione. Respiro, corpo, mente non sono solo la causa dei nostri malesseri, ma anche la risorsa stessa, come nell’omeopatia, per la quale il simile cura il simile.

Nel mondo dominato dall'ossessione dell'efficienza, del controllo e della prestazione, la vera possibilità di cambiamento coincide proprio con il coraggio di lasciare la presa.

Lasciare la presa è la nostra guarigione.

La natura ci offre esempi meravigliosi da cui trarre insegnamento. Prendiamo il serpente, ad esempio, che tra le altre cose, è l’animale dell’anno nello zodiaco cinese.

Il serpente muore se non cambia la pelle regolarmente, poiché la pelle trattenuta limiterà i movimenti e causerà infezioni. La muta protegge dai parassiti e permette alla pelle di mantenere la sua forza e flessibilità.

La pelle vecchia non protegge il serpente; anzi, diventa una fonte di debolezza che può essere fatale.

Il serpente ci chiede: e tu, ti stai aggrappando a una vecchia pelle, già secca e screpolata?

Sebbene possa essere doloroso, la muta è necessaria perché nuovi aspetti della nostra vita crescano.

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